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Il Giro e il pendolo

Il Giro e il pendolo

Giambattista Piazzetta, Ritratto di Gaspare Campo (Accademia dei Concordi)

Il Giro d’Italia è partito da Rovigo. Un evento fuori dall’ordinario che ha fatto capire a molti dov’è Rovigo. Una vera e propria sagra in rosa, con tanto di entusiasmo popolare, bandierine e selfie accanto ai ciclisti. Ed è giusto così. Gente felice e gioiosa ha riempito le strade. Ed è giusto così. Certo, un po’ di denaro pubblico è stato speso. Ed è giusto così. Naturalmente, non poteva mancare il saputello locale a gridare “Panem et circenses” (che abbia letto le Satire di Giovenale?) per metterci in guardia dal fatto che è fumo negli occhi. Sicuri? In realtà è stato qualcosa di finalmente bello per tutti. Comunque, se proprio dobbiamo scegliere tra “pane e giochi” e “pane e grigiore”, sinceramente meglio un po’ di spettacolo che l’ennesima dose di tristezza istituzionale. Prima si puntava a toccare il cielo, dimenticandosi, forse volutamente, che esiste anche la gioia e l’identità del Polesine. Certo, ora il cielo non si sa più che cosa sia, però ci si dimentica nuovamente e come sempre dell’identità del Polesine. È possibile fare errori volendo volare alto senza avere la capacità di ricordare la terra, oppure restando fermi semplicemente perché non si sa come farlo.

Tuttavia, in quello splendido e contingente bagno di rosa, Rovigo ha perso l’occasione di mostrarsi per ciò che è: una città con storia, identità e perfino personaggi leggendari. Ci siamo, come sempre, auto-sabotati: dei veri professionisti del “tafazzismo”. Chi troppo occupato a guardarsi allo specchio e a chiedersi chi è il più bravo del reame per accorgersi di cosa produce questa terra; chi  troppo senza conoscenza per saperlo. Un peccato! Parliamo della partenza del Giro: in Gran Guardia un tripudio di rosa e omaggi a Coppi. Tutto bellissimo. Ma Coppi non è nato qui. Masetti, invece, sì. Luigi Masetti: il primo cicloturista della storia e un polesano famoso da Mosca a New York. Da noi? Dimenticato. Però ci riempiamo la bocca con l’Identità Veneta. Sfortunatamente non la conosciamo. Solo grazie all’entusiasmo di Massimo M. Veronese (nostro autore e grande giornalista del Corriere della Sera) si è parlato un po’ di Masetti al Giro e vi è stato un timido accenno alla Gran Guardia. Ma era l’occasione per fare di più; per impadronirsi del proprio passato, per recuperare Masetti e per mostralo al mondo intero. Rovigo e il Polesine terra di Masetti, il grande e primo cicloturista! E invece, silenzio, non conoscenza. E ‘Miss Grape’? Un’azienda polesana che produce borse da bici famose in tutta Europa. Una vera leggenda per chi va in bicicletta. Ma i nostri? Sembrano non esserne a conoscenza. Beata ignoranza. Un’occasione d’oro per promuovere il territorio e la sua produzione andata in fumo.

Su queste pagine si è parlato di Masetti, di ‘Miss Grape’, di giovani polesani e polesane che fanno cose straordinarie nel mondo. Ma qui da noi sembra che nessuno li conosca. Un anziano politico di una civica si lamentava: “Non ci sono giovani validi!”. Ho fatto qualche nome, tutti  ospitati e valorizzati in questo inserto. Lui? Occhi sbarrati. Mai sentiti. Ma cosa comporta fare politica? Comporta forse ignorare il proprio territorio, la propria storia e il proprio futuro? Possibile che si debba pendolare sempre tra l’arroganza (Treccani: “insolenza e asprezza di modi di chi, presumendo troppo di sé, vuol far sentire la sua superiorità”) di chi si crede onnipotente e l’ignoranza (Treccani: “ignorare determinate cose, per non essersene mai occupato o per non averne avuto notizia”) di chi non sa nemmeno chi è e quale è la sua storia?

Eppure di potenziale ve n’è. Uomini e donne capaci ve ne sono. Solo che siamo intrappolati in questo eterno provincialismo che lascia ai troppo pieni di sé o ai completamente vuoti compiti al di là delle loro possibilità. E dire che abbiamo avuto e abbiamo personaggi incredibili, un patrimonio culturale e ambientale straordinario… Ma forse l’unica cosa davvero incredibile è la nostra cronica incapacità di partire da ciò che siamo per costruire qualcosa. Insomma, il problema di Rovigo non è che parte il Giro e si spendono troppi denari. È che continuiamo a girare attorno al nostro litigioso “tafazzismo” parrocchiale e a occuparci solo del nostro orto. E il bene comune?

 

Giovanni Boniolo
Curatore di “Visioni & Altre Narrazioni”

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