VOCE
VISIONI
10.08.2025 - 18:01
Tavola antiporta del primo canto della Gerusalemme Liberata di Torquato Tasso, figure di Giambattista Piazzetta, Venezia, Albrizzi 1745 (Accademia dei Concordi)
C'è chi esercita la violenza, chi la subisce, chi dovrebbe prevenirla e gestirla, chi la comunica e chi la commenta. Ognuno con responsabilità diverse e, purtroppo, spesso anche con gradi diversi di ottusità mentale.
Mettiamo da parte, per un attimo, chi la violenza la compie: la sua ottusità è evidente, qualunque sia il colore della sua pelle – bianca, gialla, nera - o la sua nazionalità — pakistano, tunisino, italiano, gallese, non fa differenza.
Ma è violenza anche quella di chi commenta stupidamente la morte di un ragazzo. Di un essere umano. Che sia bianco, nero, giallo, pakistano, tunisino o italiano, è un essere umano: uno di noi. Eppure vi sono individui che si arrogano il diritto di vomitare oscenità contro altri esseri umani, soltanto perché dispongono di una voce o della facoltà di digitare su una tastiera, ignari di essere prigionieri di una gabbia costruita dalla propria miseria intellettuale e dalla propria ottusità mentale. Costoro dovrebbero provare vergogna e imbarazzo. Ma è raro che uno stupido riesca a raggiungere simili altezze morali. Se non altro, se ne sono capaci, dovrebbero provarne per lui (lei) coloro che gli stanno accanto, quelli che con lui (lei) condividono la casa, il lavoro, l’amicizia, la comunità.
Vergogna e imbarazzo. Due sentimenti sempre più rari. Ma fondamentali. La vergogna nasce dal sentirsi colpevoli per aver infranto una norma condivisa dalla società in cui viviamo. L’imbarazzo, invece, è il disagio che si prova quando quella norma viene violata. Sono due emozioni diverse, ma entrambe segnali di coscienza civile.
E poi ci sono i politici, coloro che dovrebbero prevenire e gestire la violenza. Da un lato, parte della destra che invoca una surreale “Bella ciao” contro l’invasore, chiedendo più militarizzazione, repressione e punizioni esemplari. Una reazione risibile e miope, che dimentica la nostra eredità culturale, quella di Cesare Beccaria, simbolo di civiltà giuridica e razionale. Dall’altro lato, parte della sinistra che si limita a deridere l’avversario, parlando e parlando e parlando e parlando, ma senza affrontare davvero il problema: l’esistenza di gruppi — bianchi, neri, gialli — abbandonati a sé stessi, senza lavoro, tradizione, speranze, futuro o competenze, se non quella di appartenere a un branco con valori molte volte antitetici rispetto a quelli su cui si è costruita la civiltà occidentale. Anche questa, una risposta risibile e miope.
Entrambe le parti hanno tradito il mandato che la società ha affidato loro. Non è compito mio, né di un qualunque cittadino, prevenire o risolvere il problema della violenza. Viviamo in una democrazia in cui eleggiamo dei rappresentanti con il compito — e lo stipendio — di affrontare queste sfide.
Paghiamo assessori, sindaci, parlamentari per amministrare la cosa pubblica. Li paghiamo bene. Alcuni guadagnano cifre che mai, in circostanze normali, avrebbero potuto sognare date le loro competenze. Si sono dichiarati capaci di affrontare problemi complessi. Ma, a quanto pare, così non è.
Giovanni Boniolo
Curatore di “Visioni & Altre Narrazioni”
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