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Balzan trionfa nel campionato gran turismo più prestigioso degli Usa

L'intervista

Il pilota rodigino in forza alla californiana Scuderia Corsa Ferrari racconta la sua avventura nell’Imsa Gt Daytona.
Nato il 17 ottobre del 1980, Alessandro Balzan, rodigino in forza alla californiana Scuderia Corsa Ferrari, è il nuovo campione del campionato gran turismo più prestigioso d’America, ovvero l’ Imsa Gt Daytona a bordo della Ferrari 488 GT3.



Alessandro, innanzitutto complimenti, ci fai un resoconto di questa stagione? Come si articola il campionato?

“Che dire, quella che si è appena conclusa è stata per me la stagione più bella di sempre. Avevo già vinto questa competizione nel 2013, quando all’epoca si chiamava Grand American Rolex Series, ma quest’anno per come è arrivata la vittoria è stata in assoluto la mia stagione migliore.
Il campionato GT Daytona è formato da 11 gare di cui quattro sono gare cosiddette ‘endurance’ ovvero di durata. C’è la 24 ore di Daytona, la 12 ore di Sebring, la sei di Watkins Glen e la 10 ore di Petit Le Mans. Credo me la ricorderò per sempre una stagione così, ho vinto la 12 ore di Sebring e la 6 ore di Watkins Glen e ho ottenuto due secondi posti a Laguna Seca e Road Atlanta. Per tre volte infine sono arrivato terzo, a Detroit, a Road America e ad Austin in Texas”.



Quale è stata la gara più dura?

“In assoluto la sei ore di Watkins Glen. E’ una gara che si corre in tre piloti, e praticamente si fanno due ore ciascuno stint. Dopo le prime due ore corse da Christina Nielsen, compagna di scuderia, è salito in macchina l’altro mio compagno Jeff Segal. Durante la sua sessione la macchina ha iniziato a dare problemi di tipo elettronico ed il team per farmi comunque prendere punti per il campionato ha deciso di farmi salire in macchina dopo soli 45 minuti della sua prova. L’intenzione era quella di fare un ora, altrimenti non avrei accumulato punti, e poi ritirarci. Al cambio pilota tuttavia i tecnici sono riusciti a resettare la centralina e mi sono trovato con una macchina senza più problemi, ma ultimo. Ho guidato per tre ore consecutive e condotto la mia squadra alla rimonta vincendo praticamente sulla linea del traguardo contro l’Audi n.44 di Andy Lally, nostro diretto avversario. La cosa curiosa è che non ero assolutamente pronto per guidare tre ore, non avevo mangiato a sufficienza e a metà stint sono andato in crisi per via della temperatura. Il team ha fatto un lavoro meraviglioso rifornendomi di borracce ad ogni cambio gomme e dopo una fatica immane sono riuscito a tagliare il traguardo in prima posizione. E’ stata la vittoria più bella della mia carriera che ha intimorito gli avversari e ha aperto la strada alla vittoria finale”.



Parli di avversari, quali sono stati i più agguerriti per la corsa al titolo iridato?

“Senza dubbio il più arcigno ed agguerrito è stato il mio grande amico Andy Lally dell’Audi n.44. Con lui c’è una rivalità sana oltre ad un’amicizia che si protrae da anni. Ci sono sempre stati duelli accesi, sorpassi avvincenti ma allo stesso tempo puliti e corretti, come nello sport dovrebbe sempre essere. Ad Austin, in Texas, abbiamo fatto tre giri affiancati, praticamente distanziati di pochi centimetri senza alcun colpo proibito. Davvero un bello spettacolo ed una bella battaglia”.



Com’è correre e vivere negli States?

“Negli Stati Uniti l’automobilismo è spettacolo, qui si fa un largo uso della safety car per ricompattare il gruppo ed avere gare sempre avvincenti fino all’ultimo giro con competizioni che si decidono anche in volata. Siamo obbligati, durante il weekend di ogni gara, a dedicare un ora per la firma degli autografi ed è molto bello veder gente che viene da noi e si complimenta per lo spettacolo che gli abbiamo regalato. Qui ogni gara è una festa e i prezzi per assistere alle gare sono davvero molto abbordabili.
Vivo in California perché è molto vicino alla sede della Scuderia Corsa, il team fondato dalle concessionarie Ferrari di Beverly Hills e Silicon Valley. Mi piace molto l’America per la mentalità, adesso rimango a Rovigo un paio di mesi e poi torno negli States per le prime prove della nuova stagione”.





La tua è una carriera lunga e piena di successi, ma come hai iniziato a correre?

“La passione è tutto merito di mio papà Gianni che l’ha tramandata prima a mio fratello maggiore Lorenzo e poi a me. Poi come in tutte le cose bisogna avere sponsor, agganci, appoggi ed anche un po’ di fortuna. La mia fortuna è stata proprio mio fratello Lorenzo uno dei migliori meccanici del settore Kart che dopo una piccola parentesi come pilota è passato a seguire campioni come Lewis Hamilton, Nico Rosberg e Robert Kubica. Assieme a mio papa’ sono stati i maestri e hanno usato a volte la carota e a volte il bastone, devo molto a loro. Ho iniziato prima con i go-kart, poi passato all’automobilismo con competizioni nazionali, europee ed infine dal 2013 corro in America”.



Com’è viaggiare a 300km/h?

“Andare a 300km/h in pista è molto meno pericoloso di fare i 130km/h in autostrada. La pista è un ambiente concepito per correre, ci sono vie di fuga e le macchine sono progettate per andare forte e hanno protezioni come il roll-bar. Fare le bravate per strada è pericolosissimo, sembrerà strano ma a me fa più paura guidare per strada che in pista, faccio anche l’istruttore di guida sicura e sarebbe bello che in Italia la patente prevedesse dei corsi speciali proprio per capire la pericolosità del mezzo che si sta guidando”.



Quali sono i tuoi obiettivi per il futuro?

“Ora sono concentrato a correre quindi il mio obiettivo è fare il pilota. Il motorsport può dare due tipi di sbocchi per un futuro più lontano, quello di fare il coach, ovvero di insegnare a piloti il metodo di guida e le tecniche, oppure la carriera manageriale in un team. Sono affezionato all’America ma non è escluso che le proposte potranno arrivare anche da altre parti del Mondo. Per il momento penso solo a correre dato che un pilota in questo sport può arrivare anche a 45/50 anni”.

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