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CICLISMO

Pavarin campione del mondo gravel

“Disciplina in crescita. La seguo da preparatore, mi sono messo in gioco per scherzo. E ho vinto”

Il polesano Marcello Pavarin campione del mondo gravel

Marcello Pavarin, 36 anni, si è laureato campione iridato gravel della sua categoria (Senior 35-39).

“Disciplina in crescita. La seguo da preparatore, mi sono messo in gioco per scherzo. E ho vinto”

Marco Randolo

ROVIGO - No, non capita tutti i giorni di mettere la maglia di campione del mondo. Marcello Pavarin, 36 anni, ultimo ciclista professionista polesano, domenica scorsa a Pieve di Soligo si è laureato campione iridato gravel della sua categoria (Senior 35-39).

Pavarin, una bella emozione.

“Sicuramente. Mi sono allenato e ho faticato tanto per arrivare preparato a questa competizione. Speravo di entrare nei primi dieci, poi invece…”

Poi invece ha vinto, e con distacco. Il suo amico Efrem Bonelli, secondo, staccato di due minuti esatti; terzo il portoghese André Resende a 4’35”. Che gara è stata?

“Ero andato due volte a provare il percorso. Sapevo che dopo 10 chilometri c’era subito un tratto difficile, molto tecnico, sul Piave: mosso e pieno di curve. Sono entrato per primo, in modo da scremare subito il gruppo, di 97 partecipanti. Sapevo che chi sbagliava lì era tagliato fuori”.

Tutta esperienza.

“Ma sì, mi sono reso conto di come corrono i corridori forti nelle classiche. Quelli che ho visto da pro. Poi dico anche: facile fare la tattica quando hai più gamba”.

Gruppo scremato, quindi?

“Siamo rimasti in una decina, abbiamo ripreso il gruppo dell’altra categoria, partito prima di noi. Ho aspettato le ultime quattro salite e sono partito. Siamo rimasti solo io e Bonelli, mio ex compagno in Mtb. Lo conosco bene: l’ho visto in difficoltà, sono scattato sulle ultime salite e poi sono andato a tutta. Sono arrivato da solo”.

Come mai ha scelto il gravel?

“E’ una disciplina in fortissima crescita, dal punto di vista dei praticanti. Ho iniziato un po’ per gioco e un po’ per curiosità professionale: faccio il preparatore, con il mio studio Power and Ride di Ceregnano seguo un gruppo di ragazzi che hanno scelto il gravel. Onestamente questa è stata la terza corsa gravel della mia vita: la prima l’ho fatta in Polonia proprio con i ‘miei’ ragazzi. Sono andato per scherzo, e invece mi sono qualificato al mondiale. Quindi ho corso il campionato italiano in Monferrato: avrei vinto, ma un salto di catena nel finale mi ha fermato. Sono arrivato secondo, dietro Bonelli”.

Quindi il mondiale.

“Sì, ho rivisto tanti volti noti di quando ero professionista, come il danese Martin Mortensen, mio compagno di squadra alla Vacansoleil. Ha chiuso al 12esimo posto. Speravo di fare bene, non pensavo di vincere”.

E adesso? Correrà ancora?

“Mi piacerebbe vestire la maglia iridata. Non credo la difenderò al mondiale 2024, in Belgio, ma comunque la voglio indossare. C’è la gara italiana, in Monferrato, ma soprattutto mi piacerebbe partecipare alla ‘Traka’, gara di 400 chilometri, in Spagna. Ma il mio sogno sarebbe disputare la gara Uci in Islanda. Un modo anche per fare una vacanza con la mia famiglia”.

Marcello Pavarin, ultimo pro polesano. Come mai da noi il movimento ciclistico non cresce?

“Mi piacerebbe che qualcuno battesse questo mio ‘record’. Purtroppo mancano le squadre e le strutture. Io sono cresciuto sportivamente con la Emic Bosaro, ma al giorno d’oggi le società fanno sempre più fatica ad avvicinare i ragazzi. Mancano anche gli spazi per allenarsi. Mio figlio l’ho portato a Monselice: in zona industriale hanno fatto un ‘Bike park’ fantastico, ha passato una bellissima settimana. Da noi, purtroppo, tutto questo non c’è”.

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