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IL LIBRO

“Vi racconto il Milan in 125 gol”

Massimo Veronese ha ripercorso la storia rossonera con gli articoli dell’epoca. “Dal primo a Shevchenko a Kakà. E Chiarugi mi fece rompere la radio...”

“Vi racconto il Milan in 125 gol”

Il giornalista polesano Massimo Veronese e la copertina del libro scritto con i colleghi Serafini e Dell'Acqua

La storia del Milan in 125 gol “indimenticabili”, raccontati con le parole dei grandi giornalisti di ogni epoca, da Sandro Ciotti a Gianni Brera passando per Candido Cannavò. A metterli in fila, nel libro “125 top gol del Milan” (Santelli), presentato ieri nello spazio Just Cavalli al Castello Sforzesco di Milano alla presenza - tra gli altri - di Billy Costacurta, Demetrio Albertini e Massimo Ambrosini, il giornalista polesano Massimo Veronese con i colleghi Luca Serafini e Marco Dell’Acqua.

“Ma noi il libro non l’abbiamo scritto - rimarca Veronese - abbiamo raccolto citazioni d’epoca, dai primi trafiletti di fine Ottocento ai giorni nostri, setacciando giornali e raccogliendo anche brani di radiocronache”. A completare il lavoro, gli scatti unici di Gianni Buzzi, per 30 anni fotografo ufficiale del Milan, e una selezione speciale di figurine Panini dei protagonisti. Non solo: per ogni gol c’è il Qr-code da inquadrare con lo smartphone per guardarlo con i propri occhi.

Veronese, come si selezionano 125 gol?

“Scegliere non è facile. Ce ne sono una marea, e tantissimi sono importanti. Ma a fianco di questo criterio abbiamo utilizzato quello estetico: penso al gol di Van Basten in rovesciata contro il Goteborg. Che non è stato decisivo per il risultato ma…”

Qual è il gol più bello?

“Per me il più bello della storia è il gol di Sheva, che tira da lontanissimo contro la Juve e infila Buffon”.

Era il 9 dicembre 2001, e da allora si discute se volesse crossare o tirare in porta.

“Ma quale cross! Basta inquadrare il Qr-code sul libro e rivederselo: se avesse voluto crossare avrebbe sbagliato di 10 metri, visto che gli altri attaccanti del Milan erano molto indietro. No no, non c’è dubbio: per me voleva tirare in porta. Poi magari non immaginava che il tiro gli venisse così bene: trovò l’unico angolo possibile per segnare”.

Torniamo ai criteri di scelta: quali sono i gol più “pesanti”?

“Ci sono tutti quelli delle finali di Champions, che non sono pochi, e quelli decisivi per lo scudetto. Ma ce ne sono altri che definirei importanti: penso al povero Milan degli anni ’40 che va a vincere 1-0 al Filadelfia contro il Grande Torino. Una vittoria epica, che non conoscevo e la cui storia mi ha stupito. Così come la vittoria sul Bologna ‘che tremare il mondo fa’, o la doppietta di Lodetti all’Inter di Herrera. Gol che fanno la differenza perché ci fanno battere le squadre che in quel momento dominavano”.

E qual è il suo gol del cuore?

“Gennaio 1974: Chiarugi segna all’Ajax e il Milan vince 1-0 contro una squadra che non solo vince la Coppa Campioni ma cambia il calcio. Quella partita il Milan la fa tutta in difesa poi segna in contropiede: è una vittoria epica che dimostra come anche un piccolo Milan sa fare grandi imprese. Quel gol nel libro ce lo racconta Giovanni Arpino”.

Anche il Milan di oggi è un piccolo Milan?

“Nessuna squadra, in Italia, compra più i top player. Anzi: siamo un campionato che raccoglie ‘gli scarti’ di altri o campioni a fine carriera. La metà dei nuovi acquisti del Milan non so neanche chi siano. Così come non sapevo nemmeno chi fossero Maignan e Theo Hernandez. Del Milan attuale conosco Modric e Rabiot e so cosa aspettarmi da loro, per gli altri vedremo strada facendo se avranno i numeri o se saranno dei Vranckx qualunque”.

Torniamo al libro: c’erano gol che andavano inseriti per forza?

“Ci abbiamo ragionato a lungo tra noi tre. Nessuno ha imposto niente, abbiamo cercato episodi che raccontassero una storia. E a proposito, se quello di Shevchenko contro la Juve è una meraviglia ma come ce ne possono essere tante, c’è un gol che è unico e assoluto: Old Trafford, semifinale di Champions, Kakà con un tocco di testa mette a sedere due avversari e trafigge Van der Sar”.

C’è uno tra questi gol di cui conserva un particolare ricordo personale?

“Torno al gol di Chiarugi all’Ajax. Avevo 13 anni e ascoltavo la partita per radio. Segna il Milan: butto tutto per aria, e la radio cadendo si rompe. Attenti: non c’era internet. Sono stato malissimo perché non sapevo come è andata a finire la partita. L’ho scoperto soltanto dal tg. Oggi sarebbe impensabile”.

Epoche diverse. E a proposito, qual è il primo gol del libro?

“Il primo è il primo, e basta. Samuel Richard Davies, perito tessile di Manchester, apre le marcature di un Milan-Mediolanum 2-0 del 14 aprile 1901. Come abbia segnato non lo sa nessuno”.

E visto che il libro è una collezione di articoli giornalistici, com’è cambiato il modo di raccontare i gol nel tempo?

“Questa è una cosa molto bella da vedere. Lo stile è cambiato perché è cambiato il mondo: oggi i giornali non raccontano più i gol, perché tutti li vedono in tempo reale, sulle pay tv, via internet, in mille modi diversi. Ma per decenni i gol li raccontava soltanto il giornale, il giorno dopo. E il modo di raccontarli era molto didascalico. Noi abbiamo cercato i pezzi di Brera, di Arpino e di altri grandi del giornalismo italiano, che non si limitano alla descrizione ma che ci mettono dentro il loro stile. Ed è stato un bellissimo viaggio”.

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