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Quei profughi sono strumentalizzati: e la Diocesi chiude le porte

Il caso

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foto Facebook, Melting Pot Europa

La diocesi di Padova non lo manda a dire: i profughi usciti lunedì da Conetta sono stati strumentalizzati dai rappresentanti del sindacato Usb. E decide di non aprire le porte.
C'è qualcosa che non funziona. Lo si era capito già dal primo momento che quella fuga di profughi in massa dalla base di Conetta non era casuale. E che ottenuta una "vittoria" con i primi 200, si sarebbe replicato.



Alla fine lo dice anche, nero su bianco, la Diocesi di Padova che pure si era prodigata per aiutare i 200 fuggitivi della passata settimana a trovare un posto in cui trascorrere la notte.



I 50 e passa che lunedì 20 novembre hanno lasciato l'hub di Conetta per arrivare in serata a Piove di Sacco hanno invece trovato le porte chiuse.



Il fallimento della trattativa con il vicario del prefetto, che chiedeva come primo punto il rientro a Conetta non è passato inosservato.



E in serata la Diocesi di Padova ha emesso una nota che va letta con attenzione: "Alcune sere fa abbiamo accolto in emergenza nella chiesa di Codevigo. Era una situazione di estrema emergenza; ci si è relazionati con i richiedenti asilo con cui sono state concordate le modalità dell’accoglienza temporanea per la notte. C’è stata la collaborazione di un’intera comunità: era una situazione straordinaria".



Poi l'affondo: "Lunedì sera, a Piove di Sacco, la situazione si sta riproponendo, in termini decisamente diversi: i richiedenti asilo sono sollecitati da alcuni esponenti del sindacato USB a lasciare comunque l’hub di Conetta, senza dialogare in maniera costruttiva con la Prefettura di Venezia... Come Chiesa non possiamo accettare strumentalizzazioni, né tantomeno che i giovani che escono dall’ex base di Conetta vengano illusi di trovare comunque un alloggio e una sistemazione alternativa, quando invece rischiano di perdere anche i pochi diritti acquisiti: l’assicurazione di un tetto e di un pasto...

Questa volta, dopo lunghe ore di dialogo e trattative, siamo, nostro malgrado, costretti dalle circostanze e dal contesto a dire no e a non aprire le porte, anche perché a questo gruppo di giovani è comunque data la possibilità di tornare a dormire a Cona... Non può passare l’idea che forzare la mano e porsi al di fuori delle regole sia la soluzione a un problema che ha contorni di complessità enormi. È una scelta per noi dolorosissima, che abbiamo comunque condiviso con l’amministrazione comunale e che abbiamo fatto pensando anche alle altre centinaia di persone che sono nelle basi. Quanto sta accadendo in queste ore sottolinea anche l’inadeguatezza di queste modalità di protesta, che rischiano di amplificare i problemi e la situazione dei richiedenti asilo".
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