VOCE
La storia
16.04.2018 - 22:27
Foto d'archivio
Neppure un anno di vita e il peso fermo a 10 chili.
La causa era una grave malattia del fegato che non lasciava scampo: ma a salvare il piccolo ci ha pensato il papà donandogli parte del proprio fegato con un trapianto da vivente a vivente. E' accaduto a Padova, grazie al team guidato da Umberto Cillo. Un intervento per il quale si registra un precedente solo 20 anni fa.
"Siamo riusciti a mettere sul campo tecniche di divisione del fegato così accurate e così precise sulla quantità di organo necessario per il trapianto che si possono asportare frammenti molto piccoli - rileva Cillo -. Questi poi vanno conservati con tutti i peduncoli ed è questa l'aspetto più complicato. Il nostro è un lavoro di equipe, non solo i chirurghi, ma anche chi si occupa del coordinamento regionale del trasporto di organi. E' un'azione corale che impegna circa 100 persone".
Un intervento del genere "dura otto ore, ma anche 10 o 12. Una cosa è certa: non si può programmare mai quando finirà".
Il piccolo poteva ricevere, grazie al via libera concesso da parte del Ministero della Salute su richiesta del chirurgo, il fegato del padre o della madre perché per l'intervento non erano disponibili altri organi da persone decedute con un'età inferiore a 50 anni (come previsto dai protocolli).
La madre è stata però subito esclusa perché in famiglia c'è un altro bambino e la scelta è caduta sul padre. L'intervento ha portato all'asportazione del 25% del fegato del padre, praticamente l'intero lobo sinistro, che è stato immediatamente reimpiantato nel bambino. Un intervento complesso e articolato, ma che ha registrato un successo pieno tanto che padre e figlio ora stanno bene.
Il precedente caso di donazione da vivente è del 1997 quando un ferroviere croato donò parte del suo fegato al figlio malato di tumore, salvandolo.
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