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GUERRA IN UCRAINA

Agricoltori e allevatori manifestano: export bloccato

La grande protesta a Mestre

Agricoltori e allevatori manifestano: export bloccato

Trattori, vacche ma soprattutto centinaia di agricoltori, soci Coldiretti da tutto il Veneto, hanno manifestato oggi a Forte Marghera per dire “stop alle speculazioni” che stanno strozzando le aziende agricole e anche per dire no alla guerra che oltre alle atrocità sulle vite umane compromette  le esportazioni agroalimentari Made in Italy in Russia e in Ucraina che nel 2021 hanno complessivamente superato un miliardo di euro

 Moltissimi i rappresentanti delle istituzioni che si sono alternati sul palco per sostenere un’azione condivisa a tutela del patrimonio agroalimentare e degli anelli deboli della filiera: produttori e consumatori. Al loro fianco è sceso Luca Zaia Presidente della Regione del Veneto insieme al Sindaco di Venezia Luigi Brugnaro con lui anche l’assessore comunale Renato Boraso ed ancora gli assessori regionali all’agricoltura Federico Caner  e Territorio  Cristiano Corazzari, il Presidente del Consiglio Veneto Roberto Ciambetti, la Vice Francesca Zottis e il Vice Nicola Finco  e i consiglieri regionali Marco Dolfin, Silvia  Cestaro,  Laura Cestari, Roberto Bet, Gianpietro Possamai, Enoch Soranzo, Puppato Giovanni, Gabriele Michieletto. C’erano anche numerosi  primi cittadini, anche da Polesine, con la fascia tricolore in prima fila, per sottolineare la preoccupazione contro la guerra scatenata da Putin che affossa l’economia e il lavoro. Se le vendite in Russia hanno raggiunto lo scorso anno 670 milioni di euro con un aumento del 14% rispetto al 2020, dovuto soprattutto a pasta, vino e spumante, quelle in Ucraina valgono altri 350 milioni di euro, secondo l’analisi Coldiretti su dati Istat.  

Gli effetti del conflitto ucraino rischiano dunque di cancellare completamente il Made in Italy a tavola dai mercati di Mosca e Kiev – denuncia la Coldiretti - aggravando ulteriormente gli effetti dell’embargo deciso da Putin con il decreto n. 778 del 7 agosto 2014, e da allora sempre prorogato, come risposta alla sanzioni decise dall’Unione Europea, dagli Usa ed altri Paesi per l’annessione della Crimea. Un blocco che è già costato alle esportazioni agroalimentari tricolori 1,5 miliardi negli ultimi 7 anni e mezzo. Il Decreto di embargo tuttora in vigore colpisce – sottolinea la Coldiretti – una importante lista di prodotti agroalimentari con il divieto all’ingresso di frutta e verdura, formaggi, carne e salumi, ma anche pesce, provenienti da Ue, Usa, Canada, Norvegia ed Australia. L’agroalimentare – spiega la Coldiretti – è, fino ad ora, l’unico settore colpito direttamente dall’embargo che ha portato al completo azzeramento delle esportazioni in Russia dei prodotti Made in Italy presenti nella lista nera, dal Parmigiano Reggiano al Grana Padano, dal prosciutto di Parma a quello San Daniele, ma anche frutta e verdura. Al danno diretto delle mancate esportazioni in Russia si aggiunge – continua la Coldiretti – la beffa della diffusione sul mercato russo di prodotti di imitazione che non hanno nulla a che fare con il Made in Italy, realizzati in Russia come parmesan, mozzarella, robiola, o nei Paesi non colpiti dall’embargo come scamorza, mozzarella, provoletta, mascarpone e ricotta Made in Bielorussia, ma anche salame Milano e gorgonzola di produzione Svizzera e reggianito di origine brasiliana o argentina.

Nei supermercati russi si possono trovare fantasiosi surrogati locali che hanno preso il posto dei cibi italiani originali, dalla mozzarella “Casa Italia” all’insalata “Buona Italia”, dalla robiola Unagrande alla mortadella Milano. Il danno – conclude la Coldiretti – riguarda anche la ristorazione italiana in Russia che, dopo una rapida esplosione, ha dovuto rinunciare ai prodotti alimentari Made in Italy originali.

 

“Oggi eravamo in tanti a Marghera, soci di tutte le età e di tutta la provincia, agricoltori, allevatori e anche pescatori - commenta il presidente di Coldiretti Rovigo Carlo Salvan - perché non possiamo più rimanere zitti. Siamo tutti vessati dai rincari che vanno dai concimi al gasolio. Dopo la pandemia ci troviamo di persona in piazza per pretendere rispetto e ricordare che il sistema agroalimentare assieme a quello sanitario sono stati quelli che hanno retto il sistema Paese. Continueremo a manifestare pacificamente, continueremo a riempire le piazze, continueremo a dire stop alle speculazioni che stanno strozzando le nostre imprese e le nostre famiglie. Dove muore un’azienda agricola rimane un vuoto economico e sociale che non tocca solo l’impresa ma anche l’indotto, ricordiamocelo e ricordiamolo”. 

 

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