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Agricoltura e non solo

L’emergenza dovrebbe portarci a ripensare ai dogmi sugli Ogm

Franco Brazzabeni (Ordine professionale dottori Agronomi e Forestali di Rovigo) riporta al centro del dibattito un tema su cui si è fatta molta demagogia

Un campo di mais

Un campo di mais

Organismi geneticamente modificati, più noti come Ogm: uno degli argomenti tabù degli ultimi 25 anni. Stando alla letteratura, un organismo geneticamente modificato è un essere vivente (per esempio una pianta) che possiede un patrimonio genetico modificato tramite una tecnologia che interviene con l’aggiunta, l’eliminazione o la modifica di elementi genici. In questi anni non se ne è mai realmente discusso, non si è mai effettivamente instaurato un dialogo tra favorevoli e contrari, ma si è assistito a un muro contro muro a colpi di slogan, ideologie ed emozionalità.
Di fatto, in 29 paesi nel mondo sono attualmente coltivati oltre 190 milioni di ettari con varietà Ogm di mais, soia, colza, cotone. In Italia la produzione e perfino la sperimentazione di questi prodotti è vietata, mentre è permessa l’importazione di materie prime provenienti da coltivazioni Ogm: un capolavoro di ipocrisia politica, d’altronde necessaria per permettere la produzione di mangimi zootecnici, altrimenti impossibile. Insomma, vietatissimi nei campi e nei laboratori, ma presenti sulle nostre tavole. Forse ora, alla luce degli accadimenti recenti, è venuto il momento di riconsiderare l’uso di queste tecniche genetiche.
Le produzioni globali di frumento, mais e soia al di sotto della media, le conseguenze dell’epidemia da Covid-19 e il conflitto russo-ucraino, unitamente ad altri fattori, hanno avuto l’effetto di ridurre le scorte mondiali e di far schizzare i prezzi di mercato a livelli record. Questa congiuntura ha messo a nudo le problematiche di approvvigionamento di chi, come l’Italia e la Ue, è fortemente deficitario di molte materie prime alimentari. I politici e i consumatori hanno scoperto che la nostra sicurezza alimentare non è scontata e hanno rivalutato il ruolo fondamentale di agricoltura e agricoltori. Ora la parola d’ordine è “aumentare le produzioni”. Per questo si è deciso di utilizzare i terreni a riposo, ma è chiaro che per il medio periodo serve ben altro, e c’è chi coraggiosamente ha riproposto la questione Ogm.
Un recente studio compiuto da ricercatori di alcune Università spagnole ha prodotto risultati che vale la pena di analizzare. E’ stato valutato l’impatto dei prodotti Ogm, ottenendo due risultati significativi: nessun danno è stato rilevato sulla salute umana e animale e sull’ambiente; vi sono vantaggi di tipo economico (migliori produzioni), sanitario (forte calo di micotossine cancerogene) e ambientale (minor uso di fitofarmaci). Questi dati fanno il paio con le medesime conclusioni di una ricerca dell’università di Pisa, basata su 21 anni di studi compiuti su coltivazioni Ogm.
In conclusione, alla luce dei fatti gli Ogm appaiono come un’opportunità, che in una situazione emergenziale come quella che stiamo attraversando non può essere accantonata per ragioni ideologiche ed emozionali. La questione Ogm dovrebbe essere quantomeno riconsiderata, aggiornando la normativa europea e permettendo, almeno, che la ricerca e la sperimentazione approfondiscano la conoscenza e valutino oggettivamente rischi e benefici.

Franco Brazzabeni
Ordine professionale dottori Agronomi e Forestali di Rovigo

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